
I cani di Fabio Moscatelli sono molte cose. Sono gli spiriti senza pace di un territorio tormentato. Sono i fantasmi di un’infanzia, quella del fotografo, che ha lasciato in lui un’eredità di nostalgie insanabili. Sono gli ultimi, i fragili, i dimenticati: quelli che, di fronte a un trauma violento come quello del terremoto, vengono lasciati indietro, perché ci sono perdite più importanti da sanare.
I cani di Fabio Moscatelli sono, soprattutto, cani. Non solo metafore al servizio dell’immaginario umano, ma individui. Individui appartenenti a un’altra specie, ma dotati di un proprio mondo interiore, di un proprio dolore di cui farsi carico, di un proprio sistema di elaborazione del lutto, di un proprio progetto di sopravvivenza.

